domenica 14 luglio 2013

Il formaggio pecorino istriano




L’Istria centrale è ancora ricca di boschi e prati: inospitale per l’allevamento dei bovini, ma ideale per le più piccole, umili pecore, che per duemila anni sono state l’unica fonte di latte e carne per la gente. È stata per secoli la meta finale per i pastori che d’inverno si calavano dagli altopiani del Monte Maggiore, sferzati dalla bora, alla ricerca di pascolo sotto gli ulivi. Erano i Cici, una popolazione di origine rumena, fuggiti secoli prima davanti all’incalzare dei turchi, che parlavano una lingua di origine dacia incomprensibile anche ai croati, facevano i pastori e i carbonai, e del mare non sapevano nulla: tant’è che ancora oggi a Trieste, per dire di uno che non sa fare una cosa, si dice che “Cicio non xe per barca”.
Ancora nel 1940, si contavano ottomila pecore di razza istriana, un ceppo di origine siriana selezionatosi geneticamente nel corso dei secoli: bestia tuttofare, da lana, da carne e da latte. Ogni pecora portava un campanaccio e aveva un nome: Zelenka, Pika, Skaba, Roska… Non poteva mancare il cane, un “sarplaninac” dal pelo giallognolo, di taglia bassa e le orecchie pendule. Un altro frutto della selezione millenaria, di cui è andata persa ogni traccia: del resto dei seimila “Cici” censiti fra le due guerre ne sono rimasti sì e no 700, con un’età media di 65 anni. Ecco perchè il pecorino istriano è diventato una rarità che però, per fortuna, qualche volonteroso e lungimirante allevatore produce ancora, senza bisogno di condurre la vita nomade del pastore di un secolo fa.
Il pecorino viene prodotto dai primi di febbraio a ottobre. Non si va oltre per non sfruttare troppo le amate pecore e le si lascia in pace nell’ovile, a prepararsi per il parto primaverile. In tutto,si tratta di 9 mesi di produzione. Il pecorino,inoltre, si fa col caglio e il sale. E se tutto va come dovrebbe, il risultato è unico: un formaggio che si scioglie in bocca sviluppando tutti i profumi del pascolo istriano, ricco di piante e erbe aromatiche, specialmente se a giugno si riesce a trovare il pecorino prodotto col latte munto in aprile, il più profumato. La produzione del pecorino è piuttosto un lavoraccio che si fa più per passione che per guadagno.Un “cugno” di pecorino istriano, formaggio dolce, si accosta per contrasto molto bene col vino Terrano con alto grado di acidità, ma vanno altrettanto bene la Malvasia istriana. Se poi al formaggio viene abbinato pane di campagna, non più fresco, che abbia maturato una punta di acido, i contrasti tra i singoli cibi e le bevande faranno reciprocamente risaltare le loro rispettive principali caratteristiche. Insomma, sentirete in bocca i profumi della campagna istriana, gli stessi di un secolo fa! Il formaggio è frutto di una lunga e laboriosa preparazione.
Dopo la mungitura, il latte viene trasportato nei luoghi di lavorazione, filtrato per togliere le eventuali impurità e lasciato riposare per sviluppare la flora microbatterica.
Successivamente il latte (tranne per la preparazione dei formaggi a latte crudo) viene messo in grandi caldaie e portato alla temperatura desiderata.
Quindi al latte, crudo o pastorizzato, intero o scremato (parzialmente o totalmente) viene aggiunto il caglio: questa sostanza naturale può essere di origine animale – cioè i succhi gastrici degli stomaci (abomasi) dei mammiferi lattanti (bovini, ovini, caprini) – oppure vegetale – cioè il succo o lattice di alcune piante (cardo, fico, carciofo). Il caglio provoca un’acidificazione, il coagulamento del latte che prende il nome di cagliata e, per fare in modo che sia uniforme, il latte viene sempre tenuto in movimento mescolandolo con una speciale pala detta rotella. Trascorso il tempo necessario si passa alla rottura della cagliata cioè della massa compatta che si è formata in superficie, prima con un grosso coltello e poi con due strumenti: lo spino o la lira.
La cagliata continua ad essere rotta fino ad ottenere dei granelli di grandezze diverse a seconda del tipo di formaggio che si vuole produrre.
La cagliata così ottenuta viene raccolta in teli per darle una porzionatura iniziale, fatta scolare dal siero in eccesso e messa negli stampi o fascere.
Questi stampi vengono posti su piani leggermente inclinati per favorire l’eliminazione del siero. Si passa poi alla salatura delle forme così ottenute, dopodichè il formaggio viene posto a maturare in luoghi idonei. Qui le forme vengono quotidianamente controllate e girate e, quando è giunto il momento, posto in commercio.
Prodotti caseari contengono in parte gli stessi principi nutritivi del latte. Un altro minerale abbondantemente contenuto nei formaggi è il fosforo importante per la formazione delle ossa e dei denti. Vi sono poi contenuti altri minerali e oligoelementi importanti tra cui magnesio e zinco.”(Classe III Ginnasio Generale Scuola Media Superiore Italiana Fiume ).

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